«Le imprese che investono nelle politiche di diversità e inclusione (Dei), nella gestione delle risorse umane, favoriscono un maggiore senso di appartenenza tra i lavoratori e accrescono la competitività aziendale; le politiche Dei non solo attraggono e fidelizzano i talenti, ma contribuiscono anche a migliorare le performance delle aziende». Non ha alcun dubbio sul tema Valentina Marcazzan, del team di Statista che ha condotto la ricerca per la nuova lista creata dal colosso mondiale dell’analisi dati e dal Sole 24 Ore: Leader in diversità e inclusione. Una iniziativa nata per valorizzare le aziende (con più di 250 dipendenti) che si distinguono in Italia per il loro impegno in ambito Dei e per la capacità di essere un laboratorio di innovazione sociale. «Il valore tangibile delle buone pratiche Dei è confermato non solo da questo studio, ma anche da ricerche condotte da Statista in altri Paesi e dai paper scientifici sul tema», aggiunge Marcazzan. Le risultanze positive non sono al momento influenzate dal recente dietrofront del governo federale americano sulle politiche Dei, innescate dai due ordini esecutivi del presidente Trump che ha dichiarato addirittura illegali le politiche Dei e le azioni per riequilibrare squilibri. La lista Leader in diversità e inclusione 2025 offre una mappa delle 275 società con le più alte valutazioni negli indicatori sulla diversità in generale, sulla parità di genere, di età e orientamento sessuale e sulle diversità etnico–culturali presenti in azienda e sull’inclusione dei lavoratori con disabilità. La ricerca non intende dare giudizi sull’operato delle imprese ma valuta le policy in ambito Dei (in report di sostenibilità, piani industriali e siti web), ponderate con i risultati di un sondaggio su un campione di 14mila lavoratori italiani. Tra queste aziende emerge una volontà esplicita di intraprendere il sustainability journey avendo come stella polare il rispetto delle persone. Un viaggio che sarà non privo di inciampi e ostacoli, lungo il quale il dialogo con tutti gli stakeholder e anche eventuali incidenti di percorso - se affrontati correttamente - aiuteranno a migliorare il clima aziendale. Le imprese del ranking operano in 22 settori, dal manifatturiero ai servizi, dalle tecnologie alla Sanità, dalla finanza alle costruzioni, dal commercio ai media, dai trasporti alla logistica. «In evidenza nei punteggi ci sono i settori IT e tecnologia (12,7%), servizi generali (8,7%), farmaceutica (6,9%) e banche (6,2%) – spiega Marcazzan -. Le regioni più rappresentate nella lista sono Lombardia (55%), Lazio (15%) e Emilia Romagna (8%)». Da segnalare che molte imprese dell’elenco hanno migliorato le politiche Dei nel percorso per ottenere la certificazione per la parità di genere secondo la UNI/PdR 125 oppure la certificazione Iso 30145 dedicata alla diversità e inclusione. Alcuni Leader in diversità e inclusione 2025 sono citati come case studies significative anche dalle Linee guida dell’Osservatorio D&I dello UN Global compact network Italia, l’iniziativa (creata in ambito Onu) di cittadinanza d’impresa più ampia al mondo: si tratta di A2A (che nel piano strategico ha fissato l’obiettivo di affidare il 70% degli ordini a fornitori che adottano pratiche Dei entro il 2035, con target intermedio al 30% per il 2025), Leroy Merlin (che
ha un piano strutturato Dei gestito dal team Pluralità che ha identificato cinque aree d’intervento e dei corrispondenti piani di azione specifici), Tper (Trasporto Passeggeri Emilia-Romagna, che ha fatto della certificazione per la parità di genere una leva di miglioramento), Unicredit (che ha puntato sulla certificazione Edge, Economic dividends for gender equality, nota a livello internazionale per il suo rigore), poi Edison, Enel, Gruppo FS. Diverse aziende della lista Statista-Sole 24 Ore sono state premiate negli anni passati anche per l’inclusione dei rifugiati nella propria forza lavoro e riconosciute come migliori pratiche all’interno del progetto Welcome di Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati: tra di loro spiccano Barilla, Lavazza, Decathlon e di nuovo A2A e Leroy Merlin Italia. Altre imprese del nuovo ranking sono state premiate anche nei Diversity brand awards 2025 (individuati nell’ambito del Diversity brand index). In questo ambito ci sono Ikea (premiata per “Quiet hours”, shopping experience per le persone con neurodivergenze progettata con l’Associazione nazionale genitori persone con autismo), Fastweb (per i podcast e vodcast sulla Dei), Tim (per la app Women Plus per supportare le donne nella ricerca di lavoro e nei percorsi di carriera) e di nuovo Ferrovie dello Stato (per il progetto di accessibilità dei servizi di vendita e assistenza per le persone sorde). Da segnalare Tp (Teleperformance) Italia, che nella nota celebrativa del primato nel ranking Best workplaces di Great place to work segnala di avere come punto di forza le politiche Hr con focus su diversity & inclusion (in evidenza 20 giorni di ferie pagate a neo mamme e neo papà e smart working strutturale per l’85% del monte ore lavorative). Non mancano nell’elenco primarie aziende dell’ energia come Snam, Terna, Eni e la filiale italiana della francese Engie, banche come Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banca Sella, imprese dell’alimentare come Ferrero. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LA METODOLOGIA
Come nasce la lista Leader in diversità e inclusione è basata su dati e opinioni raccolti in tre modalità, poi aggregati e ricondotti a un numero indice finale su cui si basa la lista delle 275 migliori imprese della classifica. La prima modalità di raccolta dei dati si è svolta con la compilazione di un questionario da parte delle imprese che si sono candidate attraverso il bando pubblicato sui media del Sole 24 Ore. La seconda parte dell’analisi ha riguardato i dati forniti dal partner di Statista Denominator. È stato analizzato l’ampio database di aziende in Italia, con indicatori tratti da bilanci aziendali, piani industriali, piani Esg, report di sostenibilità, siti web aziendali. Una validazione ulteriore è stata poi effettuata con un sondaggio svolto in Italia (mediante online access panel) su un campione di 14mila lavoratori, cui è stato chiesto in che misura ritengano che il datore di lavoro promuova la diversità. Il team di Statista ha analizzato poi i dati ed elaborato un punteggio finale per ogni azienda, che scaturisce dall’incrocio della validazione interna (tramite il
sondaggio) e dei dati raccolti.