Il 2 luglio 2025 è stato sottoscritto il Protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legati alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro, un accordo siglato tra il Ministero del Lavoro e le parti sociali che porta l’emergenza climatica al centro del dibattito sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Un passo importante sul piano politico, anche se privo di forza normativa, che punta però a richiamare l’attenzione sulle disposizioni già previste dal D.Lgs. 81/2008, confermandone la piena attualità e sufficienza anche per la gestione dei rischi legati alle temperature estreme.
Cosa cambia davvero?
Il Protocollo non introduce nuovi obblighi, ma ribadisce l’importanza di:
Rischi anche negli ambienti chiusi
Non si parla solo di temperature esterne. Il datore di lavoro deve considerare anche le condizioni interne all’azienda, in particolare in luoghi dove già si registrano temperature elevate per motivi produttivi (es. reparti di fonderia, aziende alimentari con processi di cottura intensi). In questi casi, la valutazione dei rischi dovrà essere ancora più attenta e mirata.
Collaborazione tra figure chiave
Il Protocollo richiama il ruolo cruciale di:
Formazione, DPI e orari
Particolare attenzione è richiesta anche su:
Le conseguenze in caso di infortunio
In caso di infortunio collegato alla mancata valutazione del rischio climatico, le responsabilità penali sono pesanti:
Inoltre, se si verifica un evento grave, può scattare la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/01 (art. 25-septies), con sanzioni pesanti per l’azienda stessa.