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Emergenze climatiche e sicurezza sul lavoro: firmato il nuovo Protocollo tra Ministero del Lavoro e Parti Sociali

Il 2 luglio 2025 è stato sottoscritto il Protocollo quadro per l’adozione delle misure di contenimento dei rischi lavorativi legati alle emergenze climatiche negli ambienti di lavoro, un accordo siglato tra il Ministero del Lavoro e le parti sociali che porta l’emergenza climatica al centro del dibattito sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Un passo importante sul piano politico, anche se privo di forza normativa, che punta però a richiamare l’attenzione sulle disposizioni già previste dal D.Lgs. 81/2008, confermandone la piena attualità e sufficienza anche per la gestione dei rischi legati alle temperature estreme.

 

Cosa cambia davvero?

Il Protocollo non introduce nuovi obblighi, ma ribadisce l’importanza di:

  • una corretta valutazione dei rischi (anche climatici) ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. 81/2008,
  • una maggiore attenzione alla formazione e informazione dei lavoratori,
  • l’adeguamento dei dispositivi di protezione individuale e dell’organizzazione del lavoro in relazione alle condizioni climatiche,
  • il coinvolgimento attivo delle figure aziendali della prevenzione, come RSPP e medico competente.

Rischi anche negli ambienti chiusi

Non si parla solo di temperature esterne. Il datore di lavoro deve considerare anche le condizioni interne all’azienda, in particolare in luoghi dove già si registrano temperature elevate per motivi produttivi (es. reparti di fonderia, aziende alimentari con processi di cottura intensi). In questi casi, la valutazione dei rischi dovrà essere ancora più attenta e mirata.

 

Collaborazione tra figure chiave

Il Protocollo richiama il ruolo cruciale di:

  • RSPP (artt. 31-32): responsabile dell’identificazione e della gestione dei rischi.
  • Medico competente (art. 25): coinvolto nella valutazione dei rischi e nella sorveglianza sanitaria, deve essere informato dal datore di lavoro sull’esposizione a temperature estreme.

Formazione, DPI e orari

Particolare attenzione è richiesta anche su:

  • formazione e aggiornamento dei lavoratori ogni volta che cambiano le condizioni di lavoro;
  • scelta di DPI e abbigliamento da lavoro adeguati alle condizioni climatiche;
  • eventuale riorganizzazione degli orari di lavoro per evitare le fasce orarie più critiche.

Le conseguenze in caso di infortunio

In caso di infortunio collegato alla mancata valutazione del rischio climatico, le responsabilità penali sono pesanti:

  • Per il datore di lavoro, si va da arresto e ammenda fino a imputazioni per omicidio colposo o lesioni personali.
  • Il medico competente può essere sanzionato per mancata sorveglianza sanitaria.
  • Il RSPP, pur non essendo destinatario di sanzioni contravvenzionali dirette, può essere penalmente responsabile per omissioni nella valutazione e segnalazione del rischio.

Inoltre, se si verifica un evento grave, può scattare la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/01 (art. 25-septies), con sanzioni pesanti per l’azienda stessa.

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